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Visualizzazione dei post da gennaio, 2021

Dal Tibet [04/01/2012]

Il tempo dei giochi è finito da un pezzo. Non gioco con nessuno. So quello che faccio e lo so fare bene. E sono fantasiosa e vitale, questo sì. Mi piace. Sapessi quante donne sono tristi o dilaniate per il solo fatto di ritenersi le sole ad avere subito, o ad avere fatto a se stesse, un danno enorme. O non hanno mai scelto e continuano a lasciarsi trascinare e schiacciare. Io sono gioiosa perché ho vissuto la mia parte. E quelle cose che ho vissuto, e che non sa quasi nessuno, adesso vorrei dirtele: sono queste, che mi hanno resa viva. Forse con te ho sbagliato perché dopo non era più la passione ma la comprensione, che ti serviva. Ti avevo dato anche quella, veramente. Ma forse, piuttosto, non c’è spazio per un’altra lì dove c’è già un amore – e, checché tu ne dica, nella mia concezione dell’amore, il vostro lo è. Ora non so se vorrai davvero condividere con me qualche notte insieme, o qualche finesettimana, o una quotidianità di qualche tipo, se è vero che volevi farlo qu

Quando il faro si fulminò. [02/01/2012]

All’improvviso ti chiama amore, e ti dice: non hai disturbato, sei grande. Sì, lo so. Lo so, che lo sono. Dio, non dovrei essere così dura, dentro di me. Forse è la controparte dell’amore, quell’antica ferita che riemerge al momento in cui la vita crea i suoi vortici e prima o poi tocca a ciascuno. Ma, quando io lasciavo il coniuge, lui mi ha mollata precipitare nell’incubo in solitudine. Solo ora ha scoperto che lui mi violentò, l'ultima notte. B***ina, mi dice. Tranquillo, è passato. Fa parte di me, questo sì, ma non ci piango la notte e non scelgo più in base a quello, ora che mi sono pacificata anche con l’ultima maledizione dell’anima mia. Ormai noi siamo amici, e adesso che lei va in vacanza con un altro io sono il faro. B***a sono disperato sta partendo dieci giorni con un tipo. Io ci sono: non mi tiro indietro. Gli voglio bene, è un’emergenza, e sono qui. Ci siamo scambiati le confidenze tante volte, l’ultima l’altra sera, io coi miei complessi sulla relazione col

Come deve sentirsi il mosto dentro le botti in attesa di farsi vino. [02/01/2012]

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I’m not scared of dying, I just don’t want to. Così questo amante è tornato a lei. Lei è innamoratissima, oltre che molto attraente e passionale; lui è proprio brutto. Cioè, no, non è giusto dire questo: un brutto può avere anche fascino. Ci sono persone che non hanno nessuna bellezza oggettiva ma una comunicativa che ti acchiappa come una calamita. (Non ci devo pensare, non ci devo pensare, lui adesso è con lei e forse ci resterà, fate la nanna voglioline che non è il momento.) (E poi lui non è brutto, è tremendamente attraente e sexy, mannaggia a me: così sexy da non potersi guardare.) Dico, ci sono brutti affascinanti. Ci sono persone espressive che, solo solo per il modo che hanno di mostrarsi al mondo, attraggono come il miele un tir di api. Lui, invece, non è tanto brutto – ché anzi ha lineamenti regolari a parte un po’ troppe tempie rispetto alla scarsità tricotica. È proprio insignificante. No, di più. Ha un che di inquietante. Quell’occhio a mezz’asta. La faccia c

We shine like gold in the night. [30/12/2011]

La donna ha una bambina e diciott’anni di rospi ingorgati in gola per i tradimenti del marito. Alla fine lo ha lasciato. Ha perso il senso di sé e poi l'ha ritrovato: lo può dire ora che gliene parlo. Si era sentita così sola, nel suo peregrinare in questo senso di schizofrenia e nell’abiezione. Ora non è sola: è umano, ed è di molti. Io non sono pentita, per esempio: ogni cosa va vissuta, a suo tempo. Così nella sera le si illuminano gli occhi per una passeggiata e una birra. Normalmente parla piano, con la bocca semichiusa e in autodifesa, ma ultimamente emerge come uno scintillio di dolcezza. Adesso, tutte queste ore, pare una bambola vivente: diventa espressiva, luminosa, bella come una ragazzina; finalmente. Sono io ad avere bisogno d’aria aperta, poi. Così le ragazze e io ci facciamo compagnia, la sera successiva. Anzi, mi fanno compagnia mentre lavoro per mantenere l'equilibrio. Ho paura. Ho paura di non rivederlo; ho paura che infine scelga davvero, come cre

It hurts. [25/12/2011]

La tua testa sul mio seno, e fra le mie mani. L’odore di tabacco dei tuoi capelli. I capelli a batuffolo dietro la testa che pareva avessi litigato col cuscino, mischini. I nostri messaggi di nascosto in mezzo a tutti in modo che nessuno se ne accorgesse ma chiunque se ne accorgeva. Leggerci il labiale attraverso la finestra, e le luci dentro agli occhi controllandoci a vicenda anche senza guardare. I tuoi capelli li sistemavo un poco con le mani per nascondere la rosetta che veniva fuori dietro. Poi desistevo anche io: sono loro che decidono. Adesso, ogni volta che vedo troppi capelli su una testa, mi giro a controllare. Il pranzo tardi dopo la scuola nel ristorante vuoto, tutto per noi, con le tovaglie d’oro e il cameriere sgarbato. Sotto le mura del castello con la sua stella di Davide e il candelabro a sette bracci. Le mie storie sugli operai ebrei di Federico. Il freddo tagliente fuori, la mia stanchezza sfatta per troppe ore di troppo lavoro – e i tremiti di freddo e

...infin che ’l mar fu sovra noi richiuso. [22/12/2011]

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Gassmann, Inferno, Canto XXVI

Just feel better [20/12/2011]

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Stai sereno: io sono tranquilla. Ti è bastato così poco? Due mie parole, per sentirti meglio? Ma io ti regalerei questo cielo carico di stelle come i miei baci sulla tua bocca... Gesù, sono patetica. Madonna mia, che male.

Buon Natale [19/12/2011]

(They do go back to where they belong. Since they do belong to somewhere.) Ecco: già è tramontata la luna e le Pleiadi; la notte è giunta a metà del suo corso, il tempo passa – e io giaccio sola. (Saffo) Siamo sdraiati sulla spiaggia, lui e io. (Siamo sdraiati davanti al fuoco, lui e io.) Lui mi accarezza piano i capelli. Guardiamo le stelle in silenzio. (Lui mi accarezza piano i capelli. Guardiamo il fuoco in silenzio.) Sono passate molte notti da quella in cui è arrivato. (...) Mi ha raccontato la sua vita: mi ha parlato della lunga guerra di Troia, del cavallo di legno che alla fine ne decise le sorti, della partenza alla volta di casa, dei vagabondaggi nella terra dei Lestrigoni, dei Lotofagi, dei Ciclopi. Mi ha parlato del suo amore per la scoperta e insieme del suo desiderio di mura domestiche. (Di sua moglie, della separazione, dei suoi figli, della sua donna lontana a cui, dice, è sempre stato fedele – “Eppure, con te è diverso.”) Mi ha parlato del suo amore

Come le tende di Kedar [14/12/2011]

(Il tuo odore addosso come ovatta a contenermi ritorna a prendermi fra acqua calda e schiuma.) Il mio amato è tutti gli odori del mondo. Li amo tutti, e ciascuno. Ha nei capelli l’odore del fumo di tabacco e odore di legna e di fuoco ed erbe, l’odore delle foglie rosse d’autunno e delle spighe di grano d’estate. L’odore del suo odore, e l’odore del mio. Davanti al fuoco ti ho graffiato la schiena, come una tigre: perché il desiderio di te e la paura mi svegliava di notte, mentre potevi scegliere di non ritornare. E davanti al fuoco ho baciato piano le striature rosse: perché mi tieni, e adesso ti respiro. Respiro i tuoi capelli, la pelle, e tutto il corpo. Sei una droga, in cui annego. Ti terrei dentro di me tutta la notte ancora e ti ipnotizzerei, cantando e raccontando, fino ad addormentarti come le onde e il mare.

Mattina [14/12/2011]

Mi piaci arruffato la mattina per avere fatto notte insieme con me. Anche stanca, mi piaccio attraverso i tuoi occhi. Sorrido, adesso, mentre guido verso casa senza avere riposato con te.

Dove la neve non arriva [10/12/2011]

Sono salita in cima al mondo all’imbrunire, qui dove la neve non arriva ancora. Sono salita in cima al mondo per vedere di notte la luna da vicino. Come quando, a quindici anni, ho sognato che la potevo toccare, la luna, se solo avessi raggiunto quell’ultimo gradino della scala che portava in cielo. La luna è piena, qui, sullo sfondo di una nebbia nitida ma leggera. Dove di giorno colorano l’aria i banchi dei venditori di souvenir, di pietre laviche, di vasetti colorati, di gioielli finti in finta pietra - adesso, c’è il vuoto. Le luci sono gialle e calde in mezzo al freddo, i profili degli edifici bassi sono netti, e non c’è nessuno. Nemmeno un cane si aggira per queste vie. È un bel vuoto, e un bel vento freddo da respirare. In basso, le luci tremano tutte insieme. Non all’unisono, ma fanno una bella sinfonia. Una foschia lieve aleggia sulla città in basso e sul mare di notte - come quella nebbiolina di fiori bianchi in cui i fiorai avvolgono un girasole e i tulipani intorn

L’angelo [06/12/2011]

[Ogni idillio fa presto a mostrare le lame: al termine del primo finesettimana, la domenica sera, riceve una telefonata e si allontana. Ritorna mogio, con la coda fra le gambe: "Eh, ho ricevuto una telefonata..." "Sì, è un tuo diritto," sorrido. Ma è evidente che cosa stia per dirmi. Ha una compagna. Da due anni. Dei Pesci come me, peraltro. "Ma l'avrei già lasciata la scorsa estate, è troppo presente." Come no: non si lascia una certezza per un'avventura. Né, d'altronde, te l'ho chiesto. "Poi però ha avuto il ruolo a Mondovì, e il rapporto, a distanza, mi sta bene..." Eh, appunto. Vedo. Onestà avrebbe voluto che mi avvisassi prima, riconoscendomi il legittimo diritto di scegliere. Transeat. Dunque, lei è a Catania per alcuni giorni; io esco.] Un angelo con le ali d’oro danza la danza del ventre e sorride. Ha pelle ambrata e occhi azzurri, e sorride. È bellissima, staresti a guardarla per delle ore. Noi intanto ci beviamo il n

Ciliegie [06/12/2011]

Un ciliegio solo carico di ciliegie, tutte le ciliegie del mondo, una tira l’altra, una tira l’altra, fino alla pienezza. Sorridi come ubriaca, perché per ora puoi.

Jet lag [04/12/2011]

Così mi accarezzi a lungo nelle notti. Respiro il tuo collo i tuoi capelli la tua pelle il petto. (...) Farfuglio nel sonno ancora discorsi e ti cerco nel letto il corpo col corpo. Da brava, dormi, adesso. No... Infatti, no.

Le mie vigilie [02/12/2011]

[Indossavo un vestitino grigio, molto corto, e la sciarpa verde cangiante. Sedevamo, come trampolieri, sugli sgabelli alti del bancone. Alla Darsena, giù al porto, dove hanno fatto quei locali nuovi molto chic. E infine camminavamo verso l'auto sotto gli Archi della Marina: parlando, mi avvolge le spalle con un braccio e mi guida la mano ad avvolgergli a mia volta la vita, sotto il cappotto... Ho ancora in mano la sensazione della carne soda del suo fianco sotto al maglione. Il petto pieno dell'odore della sua pelle, dei suoi capelli... Lo lascio a casa con quel senso d'incompiuta sospensione che, fluendo, s'insinua in fondo al desiderio e gli dà forza.] Potrei essere la sorella maggiore di tua figlia. Mi eccita da morire, questo. Potresti essermi padre, Prof. Ma guardavi la curva del mio seno nella scollatura... Mi eccita da morire – o da vivere. Come se fossi qui, sento ancora i tuoi capelli fra le mani. (Prende la mia mano per posarla sul suo fianco...

Bianco [01/12/2011]

Questa volta c’è una famiglia che ha eletto la mia macchina a suo rifugio preferito. Esco la mattina, uno sta acciambellato preciso dietro la mia ruota posteriore destra. Ciao gattino, comodo? Mi dispiace disturbarti, ma mi serve la macchina... Pare che capisca: si alza, si stiracchia e si allontana trotterellando. Gli vanno dietro i figli o saranno i cugini, in cinque o sei. Il cucciolo tigrato – oddio, cucciolo: due o tre mesetti ce li avrà - aspetta di entrare dalla porta sul retro, la sera quando ritorno. Mi dispiace micetto, sei carino, ma non puoi entrare nel palazzo. E poi, non ti conviene stare chiuso dentro con noi: hai le tue aiuole qui, e tutto lo spazio intorno per essere libero. Vorrei una mia aiuola anch’io e una capanna sull’albero o in cima a un monte, e vagare intorno senza limiti. Ma non si può: all’uomo sono concessi solo chimere e surrogati, da quando ci siamo cacciati dall’Eden. *** si è ripresa ma starà via ancora a lungo. *** mi morde i piedi; abbassa

Preludio [30/11/2011]

[Mi sogguardava da lontano da un mese o più: con l’occhio attento che, nel predatore, precede lo scatto. Pioveva, quel giorno: sotto il cielo bigio, fra i pilastri bigi della scuola, mi si fa vicino osservando quanto storte riescano a essere le mie sigarette accartocciate. Aveva un nome assurdo, unico al mondo. Per questo, l’ho sempre chiamato solo Prof. Aveva un nome ridicolo e, da quel giorno in poi, anche il mio numero di telefono. E il mio desiderio. Di seguito, solo squarci nel velo di Maya.] Voi Pesci siete sornioni come i gatti. Oh, sì. Sono morbidi, fra le mie mani, i tuoi capelli. (E lui le accese un fuoco lento, lento...) Io? So giusto andare in bici senza le rotelle. So andare con i rollerblade e sul ghiaccio, con riserva. Andare un po’ a cavallo se me lo ricordo. E in barca a vela so tenere la barra del timone... Ma non so ballare il tango, e le piste nere me le faccio a piedi. Però anche tu non ci hai mica tanto più l’età. E allora? È molto grave? Co

Blob [29/11/2011]

È una nube nera infernale quella mente. Quella mente. Quella mente. Aliena. Nera. Un abisso. Una nube nera nebbia nera sciame nero un brulichio di mosche vespe nere il turbinio caotico irreale. Folle. Una nube colonna di fuoco di fumo nero avanza sovrasta il vulcano. Sciama in forma di demonio. Incede, lento. Immenso. Avvolgente. La marea nera mi arriverà addosso. Sono una bambina, la mia bambina. Ciao, signor uomo nero. Noi ci conosciamo. Sono nuda, quaggiù in fondo. Ci sono ricordi e larve, pestati e annidati negli angoli. Me l’ha detto la mia amica, che lo sa. È vero, sono venuti a soffocarmi, una notte. Non so se fossero reali o suggestioni. Ma ci sono veramente i ricordi di dolore di lei e le sue ultime visioni. E i ricordi delle maldicenze e della cattiveria di sua sorella e di altre persone. Succube, è stata, per più di cinquant’anni. Quanti fantasmi da affrontare e da mandare via – per lei, e per me: state tranquilli e andatevene,

Sul muro [28/11/2011]

Giovedì. Sono uscita da scuola alle due e, senza fermarmi a pranzare, sono partita per andare a Ragusa: avevo da ritirare gli ultimi documenti e da salutare tutti i miei colleghi nella nuova sede dipinta di bianco, senza più il panorama sopra il Ponte Vecchio. C’è ancora il temporale sulla città, ma esci in tangenziale che c’è già il sole. I palazzi troppo vicini mi danno l’asfissia. Le colline no, invece. Sono morbide e verde brillante. Se ne stanno acciambellate a prendersi i raggi obliqui e caldi. I filari delle viti hanno i pampini verde trasparente. È come se, tramite i miei occhi, le vedessi anche tu, attraverso le lenti dei tuoi occhiali posati qui accanto. Di notte – al ritorno, o nelle mie andate senza meta – sei presente perfino nei frammenti di asfalto che scorrono qui davanti a me. Non sono gelosa, vedi. Non così: non adesso che – come io, io , sono sempre stata e come evidentemente doveva essere – non mi aspetto niente, per me. Come hanno fatto tante altre, anche

Incubus [26/11/2011]

Basta. Basta. Non lo voglio sapere, come va a finire. Ho il respiro pesante e accelerato. Come avere un macigno seduto sul petto. Come quando, con l’annegamento, l’aria manca nei polmoni dove invece entra l’acqua. Come il panico che senza preavviso, a tradimento, cresce come un blob nero senza una ragione che io possa individuare nella storia al presente. Ma lo stesso, se il regista del subconscio si mette a fare concorrenza a Kafka, Orwell e Stephen King messi insieme, non mi è difficile interpretarmi i sogni: e anche questo. Dopotutto mi conosco un po’, dopo trentatré anni abbondanti. E, se è vero che Homo sapiens funziona da milioni di anni nello stesso modo, anche gli incubi avranno lo stesso andamento: dalla pressione, al panico, alla decompressione. Quindi, tecnicamente, adesso dovrebbe arrivare la decompressione. E questo è confortante.

Under pressure [26/11/2011]

*** è entrato in casa mia. Ha fatto qualcosa col computer, ha scoperto la mia password e cerca di usarla come fosse un suo diritto per farmi un favore: hanno già messo in ordine qualcosa in casa senza che io ne sapessi niente. Me lo dicono dopo, quando arrivo; ok, ***, grazie di avere messo in ordine, adesso andiamo. “Ma ho dimenticato la tua password...” “Meglio così, la inserisco io quando sarò sola.” Ho un mezzo sorrisetto divertito – ci sono cose che non cambiano – ma qualcosa mi preme, dentro. Hanno anche decretato che Minù non deve superare questa porta. Ma io, fin da piccina, le ho insegnato che non deve aver paura di niente. E ora invece sta seduta nell’angolino a guardarci interrogativa, mentre mi portano via. È stata messa in quarantena la città. La Protezione Civile ha fatto il conteggio dei cittadini e sta girando porta a porta, casa per casa, per iniettare il sedativo. Per le prossime ventiquattrore dormiremo tutti. Saranno le ore del Buio. Quelle in cui divent

Il signore del caffè [22/11/2011]

Certi siciliani sono figli dei suk arabi: non conoscono la mezza voce, i mezzi toni, e quando parlano abbìunu ùci. Quando spostano un oggetto, lo fanno di mala grazia: lo trascinano o lo sbattono per terra. La sentono proprio ontologicamente, l’esigenza di mostrare al pubblico che loro sono qui col loro banchetto colorato e che hanno merce da proporre: signura, taliassi cchi bbelli cacòcciuli cci avèmu ccà! Va bene, questo: anche io amo i colori. Sono siciliana anch’io, no? Ma il telefono squilla troppo , e troppe cose da fare e da risolvere, ora basta, il grosso è stato fatto, fermiamoci un po’ e facciamolo con calma e con misura, quanto c’è ancora da fare. Invece, quando arriva l’idraulico e fa rumori e voci con i suoi strumenti, *** si infila sotto il mio piumone, con un breve miagolio di protesta: lei può farlo. M’infilo sotto il mio piumone anch’io: basta adesso, lasciatemi da sola. Voglio pace e silenzio, sono stanca, voglio riprendermi i miei ritmi invece di subire ancora qu

Scrivi. [18/11/2011]

C’è un foglio di quadernone, bianchissimo, con i quadretti tracciati in grigio leggero, e un pezzetto di tentativi abbandonati. Sono i primi tentativi di Circe . Ci sono frasi prese e buttate lì in attesa di vedere come suonano: poi non suonavano, infatti sono tutte cancellate e non ce n’è una che sia entrata nel racconto. Una frase non suona quando ha un bel suono, suona quando coincide con l’essenza, con quello che si sente. Non suona quando è messa lì con leggerezza tanto per dire qualcosa – infatti anche questo pezzo ora non “suona”: è troppo cerebrale, è un pezzo di criceto vagante fra sé e sé. E dunque ci sono queste frasi messe giù e tagliate. Mezzo foglio è pieno di frasi e mezze frasi in terza persona. L’altro mezzo foglio ripete il titolo e poi c’è un susseguirsi di frasi e periodi di senso compiuto, ma non sentiti dentro – lo vedo, nel rileggerli. E sono tagliati. Poi finalmente devo aver capito che l’unica maniera per scrivere qualcosa di decente era mettermi giù bu

Ti ho amato. [14/11/2011]

Non so a chi tu ti rivolga. Forse a una o a più delle tue tante donne, forse a te stesso - o forse a un’unica che ti può intendere, adesso. Non importa, in questo momento: ho qualcosa da dire, forse più a me che a te, chissà. Ho provato di volta in volta il benessere, la leggerezza e il gioco, e la complicità, e l’erotismo, e il conforto, e l’affetto, la dolcezza e il calore, e la pienezza, e il sogno, e poi l’abbandono, e il senso della perdita e della caduta. Di rado, ho subìto ancora la violenza – o ne ho fatta a me stessa. Perlopiù vivo pienamente, eppure quasi mai ho sentito tutto questo contemporaneamente. Credo. Mai più, comunque, in quel modo assoluto in cui tu, invece, mi hai riempito il mondo, allora, e l’hai svuotato poi all’improvviso andando via - come dev’essere la disperazione della vita che già palpitava e se ne va, dopo un aborto. A nessuno ho più permesso di farmi soffrire più di tanto. E se questo senso – e bisogno – di intima appartenenza l’ho sentito per q

XI [11/11/2011]

L’11 è un numero isiaco. Lo dice anche Apuleio nei “Metamorphoseon libri XI”: “Undici libri di Metamorfosi”. Che fra le altre cose è un romanzo iniziatico (di formazione, volendo), la cui chiave di lettura sta nella favola di Amore e Psiche e il cui fulcro mistico è Iside. L’11 infatti è il numero di Iside: la dea della Luna, degli Inferi e della resurrezione, della magia e di altri misteri. Iside è Persefone, in Grecia. Ma ha anche, in parte, gli stessi attributi di Demetra. È la sintesi di tutte le implicazioni della donna. L’11 gennaio (l’11/01) è stata l’ultima volta che l’ho visto. Sei mesi dopo – sei grani di melagrana – l’11 giugno, è stata la seconda volta. Avevo anche postdatato senza saperlo la lettera: inviata l’8, datata per errore all’11. Chissà chi mi guidava, allora. Gli ho letto il mio (il suo ) racconto, quella sera di giugno. Non so né se, né come la ricordi lui, quella notte: io mi ricordo che avevo il cuore gonfio di emozioni in subbuglio, e non è una co

Lampi [10/11/2011]

Maestosa tempesta di fulmini oltre le nuvole bianche, e sembra di vedere fino in gola al cielo viola livido e profondo – quando i lampi scappano dappertutto bianchi bianchi, spaccano il cielo, e pare di intravvedere l’abisso che c’è oltre. È imponente come una sinfonia, viene voglia di essere grandi compositori: per quanto uno sia visionario, le parole non bastano, solo la musica può. Ancora, nel vedere quel cielo così, mi ritorna la stessa (sensazione? vertigine?) immagine che avevo nel descrivere, in Circe , la notte dell’arrivo della nave di Ulisse. Il vento si è fatto tempesta, e mi sta portando Lui. Il tumulto delle onde trasforma la mobilità ipnotica della luce sulla roccia in una chiazza confusa – e quanto io sono confusa! Che cosa sta per succedermi? Non posso più stare qui: devo uscire, devo vedere, devo sapere che cosa mi riserva – il futuro – questa notte. L’orizzonte è in gola a nuvole cupe, accese da lampi che le rendono spettri di se stesse, e incalzata dalla vio

Si prega di tenere a bada le lamentazioni, affinché non facciano pipì sulle poltrone a fiori [08/11/2011]

Sono arrivata al punto di saturazione. La forza certe volte rimane in circolo probabilmente per forza – appunto – d’inerzia. Come quando cominci a prendere il ritmo della corsa e dopo pare che abbia i freni rotti, chi ti ferma più: fai tutto quel che devi fare, e quel che importa è farlo bene e poi finire. Nel frattempo però il resto di sé è partito per un viaggio astrale, per un week-end benessere di un anno. E io sono così stanchissima che ieri mattina vado per offrire un caffè al bar a una collega e chiedo: “Il caffè lo vuoi macchiato?” Solo che, anziché a lei, l’ho chiesto al tizio del bar. (Che peraltro era la prima volta che lo vedevo, infatti mi ha guardata stralunato mentre mi rendevo conto del corto circuito neuronale in atto.) Poi mi riprendo (una risata ci risveglierà?) per fare fronte alla giornata. E alla valchiria-madre aggressiva e volutamente velatamente offensiva – ciliegina sulla torta tardopomeridiana. Bassa, secca e dritta come se avesse un manico di scopa infi

In dissolvenza [03/11/2011]

Amore che non so chi sei. Non voglio vederti in viso: non è quello, che importa. No, non è vero: importa anche quello. Vorrei vederti in viso, ma solo nella notte quando poca luce basta a dare vita ai particolari: come il riflesso di un Caravaggio allo specchio, o come la chioma di Berenice che balena in cielo. O, di giorno, quando il trambusto si allontana e c’è silenzio e pace dove rimanere nella pioggia, e nell’eco dei nostri passi sul selciato chiaro. Vorrei rivedere i tuoi occhi verdi e stringerti alla vita mentre guidi verso il mare e i faraglioni a caso, e tieni le mie mani al caldo; vorrei restare ancora in macchina con te tutta la notte davanti al mare ( la storia più bella? quella con te ) per parlare senza meta e per baciarci... (Io ti conosco.) (...). Vedere o non vedere le colline e scomparire in quelle, finalmente, al termine di un giorno in dissolvenza. Ma tu non esisti. Forse è proprio la non esistenza, a permettere la vita: è quando niente esiste, che il vi

Giro di giostra [02/11/2011]

We have all the time in the world. Quella donna scrive da dio. È una persona ironica e vivace. Non so nemmeno come sia fatta in viso: vedo, dalla serratura che ha lasciata aperta, com’è fatta dentro. E tanto basta a ritrovare quelle affinità che ci rendono elettivamente tutti affini, questi espressivi passionali spiriti. Scrive da dio perché c’è suono e colore, calore e risonanze, nel suo presente a tratti stanco o disilluso, sognante o intelligente senza enfasi – come ogni umano che senta e che, come che sia, viva, nell’attesa. Che, nell’attesa, abbia eletto, a compagni indissolubili, soltanto i suoi ricordi, i viaggi, la sua musica, i suoi libri, un altro giro di whysky (paga lei) e un’altra sigaretta bagnata dalla pioggia – e non andare più a cercarsi, né aspettare, al ritmo allegro e dissonante di una marcetta, il treno giusto sotto cui morire come Anna Karenina. Non si smette mai di attendere. Si smette di attendere qualcuno . Si fa silenzio per crearsi spazio, poi si

Bambini e fole [01/11/2011]

“Chiuderò la porta a far star bene la tua assenza: ci sarà fedele sempre il cane del (rimpianto). I cavalli origliano quest’aria d’impazienza. A metà della speranza, io cambiai percorso. E poi non ho più corso.” Ho fatto il bagnetto a un cagnolino bianco peloso sporco di terra, stanotte in sogno. Mia nonna sapeva sempre che cosa preannunciavano i suoi sogni. Io, ogni tanto. Per noi c’era il Topolino dei Denti. Lasciavamo il dente da latte sul comodino, con la sua radice a punta arrotondata e una letterina per il Topolino, e l’indomani mattina il Topolino ci lasciava un regalino. Chissà che cosa ci faceva, con tutti i denti di tutti i bambini del mondo, ci chiedevamo insieme. Forse si era fatto una città tutta intera di denti - in pratica, d’avorio. E chissà come faceva a razzolare tutti i dentini di tutti i bambini del mondo, ho chiesto un giorno: una fatica, non bastano tutti i minuti di tutte le notti del mondo, per tutti i denti di tutti i bambini del mondo. Ma forse ogni