Dal Tibet [04/01/2012]

Il tempo dei giochi è finito da un pezzo.
Non gioco con nessuno.
So quello che faccio e lo so fare bene.
E sono fantasiosa e vitale, questo sì. Mi piace.
Sapessi quante donne sono tristi o dilaniate per il solo fatto di ritenersi le sole ad avere subito, o ad avere fatto a se stesse, un danno enorme.
O non hanno mai scelto e continuano a lasciarsi trascinare e schiacciare.
Io sono gioiosa perché ho vissuto la mia parte.
E quelle cose che ho vissuto, e che non sa quasi nessuno, adesso vorrei dirtele: sono queste, che mi hanno resa viva.
Forse con te ho sbagliato perché dopo non era più la passione ma la comprensione, che ti serviva.
Ti avevo dato anche quella, veramente.
Ma forse, piuttosto, non c’è spazio per un’altra lì dove c’è già un amore – e, checché tu ne dica, nella mia concezione dell’amore, il vostro lo è.

Ora non so se vorrai davvero condividere con me qualche notte insieme, o qualche finesettimana, o una quotidianità di qualche tipo, se è vero che volevi farlo quando me l’hai detto.
Io, prima di qualunque cosa, vorrei solo parlarti: farti sapere cosa c’è sotto a quella che tu chiami la mia voglia di vivere.
Anche alla mia sofferenza di quella sera.
E anche alla mia scelta di non giudicare, sul momento, ma di lasciare tempo.
Non so perché vorrei dirtelo.
Non è vero: lo so. Tu le tue ragioni me le hai dette, e le ho ascoltate. Avendo perso, vorrei perdere ad armi pari.
Così, dopo, qualunque cosa verrà – (...) fosse anche niente – la vivrò così com’è.

Ma, intanto, il tempo per fare questo vorrei che me lo dessi.
Vorrei anche leggerti un altro paio di racconti di cui abbiamo parlato, veramente...
Ma questa è un’altra storia.

Dio, lo sai che sei in debito con me, non è vero?

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