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Visualizzazione dei post da novembre, 2020

La domanda [16/09/2011]

La radio si ripassa un po’ della mia vita come quella di ogni guidatore, durante i viaggi notturni e quelli diurni. Stavolta, fra le mille cose vissute, Virgin Radio passa anche una canzone mai sentita. Di solito capto una stringa di parole, poi facilmente le trovo su internet, ricavo il titolo e infine mi tengo la canzone per me. Ma stavolta, come mi è successo altre volte, non l’ho trovata. Diceva, all’incirca, you know all the answers but not the questions : che dev’essere un adagio tipico anglosassone, stando a quanto ho visto poi sul web.   Come che sia, in una storia mia – la prima a cui si possa attribuire una minima dignità di cosa scritta – un vecchio saggio stava in cima alla montagna, e dava tutte le risposte a tutti quelli che chiedevano: erano molti, e lui era così stanco, così stanco. Un giorno arrivò un tale che gli fece una domanda semplice a cui però il vecchio non seppe rispondere: aveva a che fare con la sua vita, con i suoi propri bisogni. Il vecchio allo

Il gigante Anteo, l’apetta e la piccola mammiferaia [13/09/2011]

C’è una notte tiepida e un vecchio blues da fare insieme. In qualche posto accosterò e quella là sarà la nostra casa. (L. Ligabue)   La piccola mammiferaia (piccola in quanto è nota la sua scarsezza da quelle parti lì) oggi brucia cerini e di mattina, cantando a voce piena fuori dal finestrino, si sente pungere più volte dietro una spalla. Sarà un’ape o una vespa, ma sotto le dita non si sente niente. A ogni buon conto è meglio non appoggiarsi. Accosta alla fine all’autogrill e vede, accartocciata contro il sedile, un’apetta mignon per l’appunto, un po’ turbata e scossa. Non deve averla punta per bene solo perché non si è sentita piombare addosso tutto il peso – che nella mia delicatezza estrema le ho graziosamente risparmiato. Potrebbe anche schiacciarla – mi hai fatto male, bastarda – ma la bestiolina è così tremebonda che la mammifera d’istinto prende un foglio di carta e la lascia fuori libera. Un camion diceva l’altro giorno, di ritorno: Sure, we can . Com

Chi guida in questo ballo [09/09/2011]

Così, realisticamente quanto grottescamente dissertando, arriviamo alla casa fra gli alberi e l’odore della cacca di galline nella sera. C’è un tavolo in mezzo al cortile delle tartarughe per il fresco finalmente, e i figli della maga e alcuni loro amici seduti intorno. Il marito si alza in piedi per salutare. L*** è dentro casa, vado a salutarlo, mi cinge la vita con la mano e mi insegna – secondo lui – qualche passo di salsa, senza musica, soltanto sul suo un, dos, tres . Io secondo me mi lascio guidare, e invece lui si becca in cambio, in testa, un colpo di borsa pesante due o tre quintali scivolata via dalla mia agile spalluccia e, pare, una manata della quale non mi sono avveduta. Al che desiste e comincia a ballare con la sorella. Vedi, lei si lascia portare: tu parti per portare l’uomo, invece ! Ma lei è brava: con tutte le sue cicce ha una leggerezza che, lo so, non sarò in grado mai di eguagliare. E poi che ne so io, dev’essere un mio difetto questo di voler guid

Niente. [08/09/2011]

Seppelliamo i nostri morti per imparare a vivere da vivi.   Ballavo il can-can, bambina di undici anni con la gonna nera e le balze arancio di tulle sollevate. L’albero di ulivo dove mi arrampicavo solo io, per sedermi in cima al ramo orizzontale e leggere, o scrivere, e guardare dall’alto gli alberi e le fronde, e il cielo. *** col vestito grigio e il cappello in testa, composto impettito in ordine da carabiniere con le braccia dietro la schiena. *** accanto a lui, piccola tonda storta dall’artrosi come pian piano diventa ***, con lo sguardo triste – lo stesso sguardo triste che hanno le mie foto da bambina.   Le loro tombe troppo lontane dopo la prigionia e le lettere di lei inviate solo a *** senza sapere un indirizzo e arrivate tutte insieme all’improvviso – e il ritorno di lui una notte con la sua sacca di jeans sulle spalle. *** nell’ultima foto sulla tomba dove si baciano in cima a un prato, chini l’uno verso l’altra come ragazzini. La morte di lui poco tempo dopo, l

Frammento n. 1 [05/09/2011]

Preparate per me focacce d’orzo! Sorreggete il mio cuore contrastato. Sempre per me sia piena la lucerna: incensi ed ambre attingerò alle fonti di Cipride, che sarà mia compagna. E Iside mi guidi nel cammino.

Signora di notte [05/09/2011]

Non andare in macchina, è pericoloso. Non andare, stiamo in pena tutta notte.   Ma voi non sapete. Di giorno c’è luce e persone, alcune come risorte, altre meno, tutte ugualmente importanti e nessuna esclusa. Ma la notte – quando ciascuno è più se stesso – io sono io. Per questo la amo, la notte, e la cerco.   La Montagna, quando avevo quindici anni, era per me una signora attorniata, di giorno, dal suo corteo di nuvole tonde bianche come puttini. Ora, da lontano, dal tramonto alla notte, è la Signora dal grembo accogliente, nella sua veste distesa con l’orlo trapunto di luci.   Ecco: questa sono io. La Montagna.

Zero. [26/08/2011]

Notte. Piove. Tutto è zero.   Oddio, ma che ti sei fatta? Niente, ho sbattuto. Ma guarda, mi si è spezzata un’unghia.

Dal buio oltre le grate [25/08/2011]

Sedevo nella penombra della chiesa. San Placido è la chiesa dorata di un complesso monastico benedettino. Il primo monastero crollò del tutto durante il terremoto del 1693 che rase al suolo la città: fu ricostruito, come la città, nella prima metà del Settecento e ora presenta i tratti tipici del barocco catanese. La facciata è concava, plasma e modella lo spazio come nel Barocco si usava. Stefano Ittar, il polacco, la realizzò come un abbraccio. San Benedetto e Placido, santa Scolastica e Gertrude, stanno a forma di statua sui due livelli della facciata. All’interno, predomina l’oro e il bianco alle pareti. Poi marmi intagliati come pavimenti e nell’altare maggiore, quello che si usava prima del Concilio Vaticano Secondo. I paliotti degli altari laterali sono marmi bianchi. Recano scolpiti bassorilievi con scene tratte dall’Antico Testamento e altre tratte dalla vita di san Benedetto e di san Placido, suo discepolo e martire in Sicilia per mano dei Saraceni. Due dei dipin

Il rettangolo aureo - ovvero, Delle profonde armonie [24/08/2011]

L’aria è ferma nella sera fuori dal portone. Silenzio ovattato per la via. La via è stretta, le basole e le pietre tonde dure non risuonano sotto i passi, fra le palazzine antiche di mattoni rossi. Una macchina passa e rallenta: l’uomo guarda passare la ragazza e se ne va. La ragazza svolta nel silenzio uguale di un’altra via del borgo antico. Attraversa la strada una donna minuta e bionda in maglietta e calzoncini corti, tutta bianca. Rimangono a guardarsi come fossero l’una per l’altra apparizioni, poi tornano a guardare i propri passi. Un uomo porta a spasso due cagnetti neri, senza guinzaglio. Non parla con loro e loro non abbaiano. Un soldato e un uomo parlano davanti a un portone. Oltre la fine della via, si apre la piazza. Gli edifici gotici rossi sembrano cose preziose posate su un vassoio. Il ristorante dall’insegna verde sta all’angolo vicino. Un uomo e una donna sui trenta o quarant’anni, forse una coppia o forse no, chiedono di sedersi dentro: fa trop

Oltre i sensi [22/08/2011]

(...) Ho portato un paio dei libri più belli che abbia letto mai. Le candele alla vaniglia, quelle piccole dal profumo dolce penetrante. La mia crema al cocco e tiarè, che non so nemmeno che sia ma ha un buon odore. Le mie storie al buio e la mia voce bassa per cantare.   Le donne del Nord sono spesso allegre e decise, hanno da vedere intorno pianure piatte come linee piatte, e i cani di razza come compagni di letto nella noia. Così lui dice. Noi donne del Sud, non so. Non io. Ma poi, è rilevante?   Chi non partì, guarda la Madre Etna e mi sta accanto da lontano. Fra le stelle dove una volta passeggiava l ’ Orsa, e dove di notte Venere brillava, la luna calante la mettono su in diretta dall ’ Empireo.