La collana [26/10/2011]
Le ore di lavoro sono piene e gonfie e senza pause come tacchini ripieni a Natale. Tanto da andare a letto, alla fine, alle nove e mezza di sera senza quasi altro desiderare. Le scarpe imbarcano acqua come vecchie barche a remi mezze affondate a pelo d’acqua nel temporale. Un gatto bianco e nero si ripara dalla pioggia sotto il balcone, resta seduto impettito a guardarmi passare. Ciao, micio. Ho infilato il naso nell’armadio delle coperte e ho annusato a lungo l’aria satura di naftalina, inebriata dall’odore pungente come succede ai bambini. Mamma ride, mi offre un sacchettino di naftalina da portare a casa per l’armadio mio, ma io preferisco venire ad annusarla qui da lei. Ti penso spesso, vecchio amico mio. In alcuni periodi, in effetti. Non saprei bene definire quali: forse, quando sono particolarmente stanca e ho bisogno di un affetto forte e di un porto sicuro e senza strappi su cui fermare il pensiero o il cuore a riposare. Ripenso il momento in cui siamo usc