Ti ho amato. [14/11/2011]

Non so a chi tu ti rivolga. Forse a una o a più delle tue tante donne, forse a te stesso - o forse a un’unica che ti può intendere, adesso.
Non importa, in questo momento: ho qualcosa da dire, forse più a me che a te, chissà.

Ho provato di volta in volta il benessere, la leggerezza e il gioco, e la complicità, e l’erotismo, e il conforto, e l’affetto, la dolcezza e il calore, e la pienezza, e il sogno, e poi l’abbandono, e il senso della perdita e della caduta.
Di rado, ho subìto ancora la violenza – o ne ho fatta a me stessa.
Perlopiù vivo pienamente, eppure quasi mai ho sentito tutto questo contemporaneamente.
Credo.
Mai più, comunque, in quel modo assoluto in cui tu, invece, mi hai riempito il mondo, allora, e l’hai svuotato poi all’improvviso andando via - come dev’essere la disperazione della vita che già palpitava e se ne va, dopo un aborto.
A nessuno ho più permesso di farmi soffrire più di tanto.
E se questo senso – e bisogno – di intima appartenenza l’ho sentito per qualcuno dopo di te, poi l’ho superato: per motivi più o meno indipendenti dalla nostra volontà o dal sentimento, poi diventiamo forti, nella lotta con noi stessi – quella in cui chi vince ha già perso.

Ora devo completare i bagagli e sloggiare, di nuovo.
Ho ritrovato poco fa, fra le carte da inscatolare, la tua lettera che avevo ricopiato a mano, e che non tenevo più nel portafogli. Non l’ho riletta – non ancora, e forse lo farò o forse no.
Ma, anche se mi faceva paura, ti ho amato: per quasi tre anni ho cercato di farlo.
O di farlo - storta com'ero - in un modo che potesse andare bene a entrambi.
Così dopo, quando sono sola (e, nonostante tutto, sono sola), il tuo pensiero è presente nell’assenza.
È come una costante, una nota di fondo che si fa sentire nel silenzio. Come il bordone per i viandanti e i pellegrini sulla via di Santiago.
So che non ha modo, o spazio, per essere un pensiero ricambiato, condiviso – con te, e da te.
Ma le cose che ci hanno segnati in profondità non si cancellano, anche se si accantonano – o si chiudono.
L’impronta è troppo profonda, si può evitare di guardarla ma non c’è modo di cancellarla. Come il segno di Caino, il tuo pensiero è per me condanna e protezione insieme.

Mi sono fatta male, però, e forse te ne ho fatto.
Di sicuro a me ne hai fatto, in diversi modi.
E me ne faresti di nuovo. Forse già lo stai facendo: non lo so, mi tengo il dubbio.
Per questo, non voglio più fare nessun tentativo: sei libero.
Lo sono anch’io, da sempre – e non sono poi così sicura di sapere se sia una punizione o una grazia.
Vivilo, questo tuo presente, se lo senti. Quest’altra donna, o queste altre, intendo.
È in questo modo che ti amo: senza aspettarmi un tuo ritorno, come volevi.
Nel ricordo e nell’assenza, come i morti.
Almeno, adesso, questo è tutto mio, fa parte di me e io lo proteggo: e non c’è nessuno che me lo possa togliere o sporcare.

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