Giro di giostra [02/11/2011]

We have all
the time
in the world.


Quella donna scrive da dio.
È una persona ironica e vivace. Non so nemmeno come sia fatta in viso: vedo, dalla serratura che ha lasciata aperta, com’è fatta dentro. E tanto basta a ritrovare quelle affinità che ci rendono elettivamente tutti affini, questi espressivi passionali spiriti.

Scrive da dio perché c’è suono e colore, calore e risonanze, nel suo presente a tratti stanco o disilluso, sognante o intelligente senza enfasi – come ogni umano che senta e che, come che sia, viva, nell’attesa.
Che, nell’attesa, abbia eletto, a compagni indissolubili, soltanto i suoi ricordi, i viaggi, la sua musica, i suoi libri, un altro giro di whysky (paga lei) e un’altra sigaretta bagnata dalla pioggia – e non andare più a cercarsi, né aspettare, al ritmo allegro e dissonante di una marcetta, il treno giusto sotto cui morire come Anna Karenina.

Non si smette mai di attendere.
Si smette di attendere qualcuno.
Si fa silenzio per crearsi spazio, poi si riparte dentro a un nuovo giro di giostra – che sia a cavallo di un destriero agile o di un robusto pony poco importa, infine.
Ma che abbia un corpo vivo da sentir guizzare fra le cosce, e una criniera dove infilare le mani, e un collo saldo da abbracciare, e zampe forti e spazi aperti per andare.

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