In dissolvenza [03/11/2011]

Amore che
non so chi sei.


Non voglio vederti in viso: non è quello, che importa.
No, non è vero: importa anche quello.
Vorrei vederti in viso, ma solo nella notte quando poca luce basta a dare vita ai particolari: come il riflesso di un Caravaggio allo specchio, o come la chioma di Berenice che balena in cielo.
O, di giorno, quando il trambusto si allontana e c’è silenzio e pace dove rimanere nella pioggia, e nell’eco dei nostri passi sul selciato chiaro.
Vorrei rivedere i tuoi occhi verdi e stringerti alla vita mentre guidi verso il mare e i faraglioni a caso, e tieni le mie mani al caldo; vorrei restare ancora in macchina con te tutta la notte davanti al mare (la storia più bella? quella con te) per parlare senza meta e per baciarci...
(Io ti conosco.)
(...).
Vedere o non vedere le colline e scomparire in quelle, finalmente, al termine di un giorno in dissolvenza.
Ma tu non esisti.
Forse è proprio la non esistenza, a permettere la vita: è quando niente esiste, che il vissuto acquisisce un valore e un senso.

Come fai a sapere quello che sento, e nel momento in cui lo sento?
(Perché io ti conosco.)
Come fai a essermi vicino proprio quando ne ho bisogno?
Come fai a darmi questo poco di cui ho bisogno, quando ne ho bisogno?
Come fai a spiegarmi a me stessa e a darmi questo senso insieme di libertà e calore?
Come fai a volermi bene nonostante tutto quello che io sono – che noi siamo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letture orientali: osservazioni in due tappe

Come le tende di Kedar [14/12/2011]

It hurts. [25/12/2011]