Lampi [10/11/2011]

Maestosa tempesta di fulmini oltre le nuvole bianche, e sembra di vedere fino in gola al cielo viola livido e profondo – quando i lampi scappano dappertutto bianchi bianchi, spaccano il cielo, e pare di intravvedere l’abisso che c’è oltre.
È imponente come una sinfonia, viene voglia di essere grandi compositori: per quanto uno sia visionario, le parole non bastano, solo la musica può.
Ancora, nel vedere quel cielo così, mi ritorna la stessa (sensazione? vertigine?) immagine che avevo nel descrivere, in Circe, la notte dell’arrivo della nave di Ulisse.

Il vento si è fatto tempesta, e mi sta portando Lui.
Il tumulto delle onde trasforma la mobilità ipnotica della luce sulla roccia in una chiazza confusa – e quanto io sono confusa! Che cosa sta per succedermi?
Non posso più stare qui: devo uscire, devo vedere, devo sapere che cosa mi riserva – il futuro – questa notte.
L’orizzonte è in gola a nuvole cupe, accese da lampi che le rendono spettri di se stesse, e incalzata dalla violenza del vento la nave vola, si infila a velocità suicida nell’insenatura – la polena che guarda superba davanti a sé, incurante del tumulto dei flutti, pare che mi guardi negli occhi, inquietante – e come per magia – o per intervento divino? – rallenta, si ferma, incredibilmente illesa: solo, ha le vele strappate in più punti.

Ma ognuno si crogiola nelle visioni sue.
Siamo soli anche in quello.
Anzi: siamo soli proprio in questo.

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