So the day has finally come [11/01/2012]


Copriti bene: ti porto in un posto dove non sono stata mai.
Nei tornanti di montagna fra alberi e luna, abbiamo rischiato di finire fuori strada; ma guido bene, e l’ho ripresa così, d’istinto.
Ti porto a Enna, dove una lapide sul muro di un palazzo ricorda il soggiorno di Cicerone in occasione delle Verrine.
Ti porto a Enna, nei luoghi della Dea: della Madre e della Figlia, di Demetra e di Persefone.
In questa chiesa sconsacrata con le pietre messe a nudo sotto l’intonaco settecentesco, nella città delle mie dee, abbiamo cenato solo con pizzette tagliate a pezzi piccoli, patatine, olive e vino rosso, e seduti sul divano rosso abbiamo parlato – di volta in volta con gli occhi vispi e i battibecchi giocosi, o le parole basse nell’intimità di questa luce soffusa.
Fra i cuscini rossi e i calici mi tieni al caldo e mi accarezzi con le mani e con le labbra: e c’è di nuovo il tuo odore, che è una droga. E la tua pelle, le tue labbra e i tuoi capelli – i tuoi capelli, ne sono intrisi! Il calore delle tue mani e della tua bocca è qui, per me: anche io, anch’io avevo a momenti, sempre di più, urgenza e desiderio di tornare a casa.
Prima, però, c’era da parlare in pace, dopo questo lunghissimo silenzio durato venti giorni: perché non l’avevo ben capito che cosa era finito, cosa sarebbe stato lecito e che cosa illecito – dal momento che ora siamo qui.
Ma non era finito niente, e non c’è niente da capire: c’è questo da vivere.
E da tenerci sotto braccio e correre, insieme, sulle basole scure verso la mia macchina per volare a casa.

Così hai acceso per noi lo stesso caminetto. E mi hai avvolta nella stessa coperta.
E abbiamo fatto l’amore tutta la notte: non ti ho lasciato dormire molto (...).
Ti ho lasciato accanto al letto il mio vino padronale, per la prossima volta, di mattina prima di andare.

(11/01. The Goddess lives again. Mother and Daughter.)

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