Profondamente pura [14/01/2012]

La chiesa di san Placido era orientata diversamente dal modo in cui lo è in realtà. Ed era più alta: lei che già è sopraelevata perché dopo il terremoto l’hanno ricostruita, come molte, sulle macerie della chiesa e del monastero precedente.
Qualcuno aveva coperto gli intarsi marmorei del pavimento con dei tappeti, ma l’acqua trapelava comunque, da sotto.
C’era una folla di politici ed esperti in visita.
Troppa umidità, il pavimento sprofonda: non toccatelo, dice la studiosa, è come sabbie mobili.
Io sollevo il tappeto e ci metto le mani per vedere in che condizioni sia in realtà.
Cioè: sembra solo annacquato, non c’è muffa e non c’è marcio.

Forse dipende soltanto dalle tubature, da ricostruire per non allagare il soffitto della cucina dei tipi di sotto. E dal fatto che credo di averne parlato a qualcuno, ultimamente, di quella chiesa. O dall’Amenano che scorreva ciangottando lento e limpido ieri sera sotto la lava solidificata. E dipenderà da quel cartellone pubblicitario profetico che mi appare davanti agli occhi nei momenti ingarbugliati: c’è scritto sopra Profondamente pura. Che sembrerà ridicolo, rivolto a me, ma io lo sento.

Certo, i sogni sono come puzzle in cui la somma dei fattori eleva il senso profondo a potenza.
Freud direbbe forse che ho le voglie sotterranee inespresse. In effetti mi svegliano al mattino le tue mani anche quando non ci sei. Il che può diventare un tormento: come faccio a chiederti senza rischiare.
Ma questi sono discorsi fra me e me: so stare al mio posto.
Quello che sta da qualche parte alla fine delle attese, è da vivere: le statue di sale non vanno da nessuna parte e soffrono d’ipertensione.
Io non sono una statua di sale e vado, dove si può.
Ma qui il gioco vale la candela di equilibri cauti – nelle attese.

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