Trembling [29/09/2011]
[PREMESSA - 15/12/2020
Quivi ha inizio, miei signori, il tempo in cui incominciai a raccogliere materiale umano personale storico e psichico per intraprendere la stesura di ciò che, attualmente, è in fase di scrittura.
Molto tempo è passato e il disegno si è compliceto ulteriormente; eppure sta trovando un corso che, per complesso che sia, oggi si vede. N.d.A.]
***
Non sto bene.
Non sto niente bene.
Mi fa male la pancia.
E poi tremo.
Mi sveglio la mattina e tremo forte, forte, da scuotermi tutta a momenti.
(era notte e pioveva, scorreva acqua nera per le strade – allora ero viva – eravamo vivi)
Poi smetto.
Mi riscuoto, ci si riscuote sempre.
Faccio la doccia, chiamo le scuole, vado a far controllare la macchina, che mi si è spenta e ha acceso una spia.
Il ragazzo dall’aria pulita e in gamba dagli occhi blumagnetici diagnostica, con un aggeggio elettronico, che la macchina va a tre. Cilindri.
Va cambiato il filtro e messo un additivo per riportare in vita l’iniettore acciaccato del cilindro che non va.
Ha camminato molto dopo aver cambiato il filtro del gasolio? mi chiede con accento lindo. Ma non so, ad aprile ho fatto la revisione, quindi non molto, immagino, pur viaggiando. Molto, invece, dice mostrandomi il filtro nuovo bianco panna e quello vecchio nero antracite, con un mezzo sorriso come d’intesa. Ops. Ridiamo. Io non lo so che cosa le fanno durante la revisione, non è il mio campo...
Mette poi l’additivo, vado a fare benzina per far sbloccare questa povera macchina acciaccata con l’additivo in circolo, mi avvio per far cambiare le lampadine fulminate e lo specchietto provvisorio di destra.
Passando alla volta dei ricambi auto per quest’ultima incombenza, c’è un annuncio per un corso di recitazione e così telefono.
Ho poi guardato i curriculum degli insegnanti: sono persone abbastanza normalissime senonché hanno un’associazione dal titolo intrigante.
Non so se fare recitazione o portare avanti il tango.
Ieri sera mi sono ritirata con la schiena ritorta perché lui andava in diagonale anziché portare in orizzontale o in verticale.
Lui non l’avevo visto mai. Era una lezione prova anche per lui.
Io non so, non so.
Devo scrivere.
Passando vedo il Maestro, colpo di clacson, Ciao, maestro!
Accosto.
È stato in Spagna in moto da solo venti giorni.
Io che stamattina pensavo: mi vado a fare una settimana di ascesi a Perugia, tra Santo Francesco e il buon Andrea.
Mi trova benissimo ma io lo trovo meglio. Chi lo sa se è ancora invaghito infatuato innamorato della bellissima Patrizia.
Non glielo chiedo, però. Gli chiedo di sua madre come sta, e quando ricomincia a suonare il sax che lo vado a sentire. Non che ami il jazz, ma mi piace il modo in cui suona lui: ha gli occhi azzurro vivo e gioca con le dita su quei tasti seguendo le variazioni fantasiose e calde dell’anima sua.
Nel frattempo, in mezzo al traffico, non arrivo per tempo a far cambiare le lampadine, né a lavare questa povera carcassa: la mattinata è finita, così vado a fare la spesa – fanno orario continuato – visto che sono rimasta di nuovo a vuoto.
Torno a casa che è già pomeriggio.
Mangio appena, poi mi metto a letto: non ho lezione oggi, ma non sto niente bene.
Mi metto a letto con la voglia di scrivere l’opera della mia vita e poi morire.
Ce l’ho in germe, stanno lì di nuovo gli squarci da acchiappare come le farfalle e metterli insieme.
Hanno tutti un nesso, devo organizzare il disegno di fondo.
Ma poi dormo, e poi mi sveglio, e ancora tremo.
E mi occupo della casa e chiamo la famiglia.
Mi rigiro per la mente queste idee come coriandoli che cambiano tono e colore.
Una stessa immagine vista da varie sfumature.
Una stessa storia – la stessa storia – impostata in modi così diversi, così, così, così.
Tragico. Cinico. Comunque, lirico. Dalle diverse prospettive, le diverse sfumature dell’io: vedo con gli occhi di tutti, mi pare di essere l’idra dalle sette teste.
Comincia dalla fine e parla attraverso gli anni e i vari personaggi e tutti loro, e poi alla fine l’inevitabile fine imprevedibile.
Ma non vengono ancora le parole. O meglio, vengono mentre sto guidando, o sto fra il sogno e la veglia - come certe visioni o simili. Quando non posso scrivere, insomma. Non sono più sintonizzata, poi, davanti al computer. Devo ripristinare quel piccolo registratore nuovo nuovo per cogliere le parole e l’espressione, man mano che arrivano – ma non ho ancora comprato le batterie.
E devo ancora scrivere con Arianna le relazioni per la scuola, che siamo indietro, lei persa dietro alle sue farfalle d’amore e io persa dietro alle mie perdite.
Basta. Mi metto a letto senza senso. Leggo per delle ore. Come Giusi, ho una casa piena di libri e se lei ha le brioscine io ho la crema bicolore.
Un motivo ci sarà.
Poi ho questo mal di pancia da ieri, ma che vuole, non deve mica venirmi il ciclo adesso.
È come avere un macigno nel basso ventre. Una specie di greve palla di carne calda pulsante qui dove sta l’utero, proprio come nel ciclo.
Secondo me è psicosomatico.
Infatti, nell’alzarmi per prendere un po’ d’acqua, tremo.
Tremo di nuovo, non ho mai tremato in vita mia io, se non in un paio di casi che so io.
Tremo troppo.
Ho davanti agli occhi quelle rughe, e insieme una rabbia furiosa per la cattiveria, e una tenerezza e una gran pena per quegli occhi stanchi.
Ma non c’entra niente, questo.
Non è il momento.
Lasciatemi dormire, sola o insieme che importa: solo, in pace.
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