Fai da te [21/09/2011]

Chi è questa ragazza che spesso fa rifornimento al self service?

Forse se lo chiederanno, ma non glielo chiedono.

Non sanno niente gli uni degli altri, neanche il nome.

Lei conosce le loro facce una per una.

Ma avranno alle spalle le loro famiglie, le loro storie e forse, anche, i loro segreti, i loro desideri sottopelle, il guazzabuglio del loro spesso attempato cuore, i loro lutti, i loro incubi e deliri – o forse no.

Eppure si salutano con gran cordialità come se fossero veri conoscenti: oramai lei è di casa, per i suoi settimanali cadenzati viaggi di lavoro. E la loro quotidianità è un porto di mare in cui agli avventori si sorride sempre.

Le caricano i punti suoi e, per spontanea cortesia, anche quelli delle altre auto che passano.

 

I cani stanno a ciondolare in giro. Uno o due si sdraiano sulla soglia e vanno scavalcati.

Sono soprattutto uomini, dentro. Prendono il caffè parlando fra loro o leggono il giornale. Molto spesso si voltano a guardarla: sono soltanto sguardi, che lei coglie di sfuggita.

Guarda dritto in faccia la ragazza o il ragazzo delle sigarette e gli sorride. A volte compra anche una cosa da mangiare nel tragitto.

Poi esce per pagarsi il carburante.

Ora un uomo brizzolato sui cinquanta con gli occhi azzurri paga la sua benzina, si incrociano gli sguardi e lui rimane con gli occhi ficcati nei suoi occhi: uno di quei casi che si impigliano.

Restano a guardarsi per un lungo istante.

Poi lei paga il suo conto – prima ancora che lui rientri in macchina e se ne vada via.

 

Il vento di mattina investe in pieno il mondo e infuria.

Infuria.

Si porta via il cartellino dell’uomo in tuta grigia, le sferza la faccia con i suoi stessi capelli, le fa perdere l’equilibrio.

E infuria, vento, abbatti le chiome degli alberi, prova a trascinarmi via.

Provaci, fammi sentire.

È tutta vita.

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