Dubito, ergo sum [30/07/2011]
Macchine incolonnate a lungo, a lungo.
Ci sono, è vero. Anche di notte.
Dalle parti di Macondo, dove l’antica circonvallazione della città fa una curva e i tavolini si contendono lo spazio lungo i marciapiedi e sulla strada, la carne di cavallo riempie l’aria di fumo buono.
Lei ha appena avuto la notizia. Due ore sono passate: le aveva chiesto, così per curiosità, come sarebbe andata. La ragazza aveva pensato, contenta: tutto bene. Ma lesse: una signora anziana starà male. Il desiderio di te, lui se lo terrà senza poterlo attuare.
Due ore dopo, un po’ fuori da Macondo sulla via della sdrammatizzazione, nel fumo saporito e saturo della carne rossa, l’altra la prende in giro facendole il verso: “Gnè gnè, io non le so leggere le carte. Non ci sono, non sono connessa, non sono brava. Se lo dici un’altra volta ti lassu curriri ’na scarpa. Comu mi putisti ’nzittari tutti cosi?” continua, ridendo.
Mi prende in giro, sì: non sono mica sempre così sicura dei miei responsi come sembro.
Dubito forte, dubito assai. Il che mi angoscia, a volte.
Dubito ergo sum, diceva sant’Agostino.
Ma, se il dubbio è la virtù dei forti, può anche diventare il vizio dei vili.
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