Catena delle piante [14/08/2011]
La signora Catena ha settant’anni, o settantacinque.
È piccola e minuta, profuma di fresco e ha le mani di chi lavora toccando le cose; ha i capelli grigi cortissimi, i jeans e i sacchetti della spesa con dentro le verdure.
Entra nell’ufficio postale o un altro ufficio per fare la fila, e guarda con sospetto il numerino che ha in mano.
Si avvicina a una signora – che, per caso, è *** – e le chiede un’informazione.
Chiarito il suo dubbio, si siede accanto a lei.
La signora Catena è figlia di contadini. Ha la terricola saggezza di chi è cresciuta in mezzo alle campagne, e conosce i segreti delle piante e delle erbe. Parla in italiano pulito pulito da persona istruita e in siciliano insieme, dice che Dio ci ha dato le piante per curarci, e che sono meglio delle medicine.
Una volta, dice, ha guarito da un’affezione ai polmoni una bambina che i medici dicevano incurabile facendole soltanto respirare i fumi di un decotto di urràini – di borragine, aggiunge.
La bambina, cresciuta, l’ha vista poco tempo fa ma non si ricordava della signora Catena e non l’ha nemmeno salutata: ma a lei andava bene così.
Dice Ci dicissi a ’sti carusi: viniti ccu mmia, ca vi fazzu avvìriri quali sunu ’i pianti bboni e chiddi scràusi e comu si lavòrunu.
Ma nuddu ni voli sapìri nènti.
*** non ricorda molto altro dei suoi mille racconti: solo questo fascino un po’ mistico un po’ magico della donnina delle piante.
Le ho detto: Ma non le hai chiesto un numero, un recapito, qualcosa?
Dice: Non era tipo da numero di telefono.
Ora, mi è venuta la fantasia di appiccicare volantini in giro per il centro: Cercasi la signora Catena delle piante.
Dubito che lo farò: Amélie è solo un film.
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