Nessun dorma [03/02/2011]
I fuochi d’artificio partono da
lontano in questa strada di basole nere ancora lucide d’acqua. Di fronte alla
Porta Uzeda, dietro di noi, la via dovrebbe inquadrare l’Etna. Ma nel
Settecento i Benedettini avevano ancora il potere e i loro territori da
salvaguardare e fecero cambiare il piano urbanistico di Giuseppe Lanza duca di
Camastra, cosicché della Montagna si vede solo un fianco, se ti giri a guardare.
I Quattro Canti che non riescono a
fare concorrenza a quelli di Palermo sono decorati con grandi medaglioni
rotondi di luci colorate.
Un violinista lungo la strada
accarezza il suo violino ma non si sente: c’è l’orchestra nell’aria lungo la
via e intorno alla piazza.
La folla si accalca fra le bancarelle
profumate di torrone, gialle di luce, bianche rosa marrone tostato e rosso
caramellato di dolci.
In cima al mare di teste due bambine, come
fagotti sulle spalle dei papà, hanno il cappuccio del piumino tirato sopra la
testa. Una è bianca con la sciarpa bianca tirata fin sul naso, restano scoperti
solo gli occhi che da lontano si vedono azzurri e sgranati. L’altra è rosa col
cappuccio rosa le guance rosa e le labbra rosa aperte imbambolate come gli
occhi aperti imbambolati. Tutte e due a guardare queste lucine che saltano su e
giù nel cielo.
(Quando ero bambina avevo il
passamontagna rosso sulle spalle di mio padre e mi terrorizzava il fuoco d’artiglieria
sparato in mezzo al cielo. Poi la paura è passata.)
Vorrei fargli una fotografia ma non c’è
tempo, vengo trascinata via per la mano a inseguire questo squarcio di fuochi d’artificio
con la musica sul fondo.
Norma intona un po’ artefatta il suo
canto alla luna, Figaro sembra quasi di vederlo acconciare acconciature
sorridendo agli avventori e alla platea con gli occhi vivi, e Calaf canta il
mio mistero è chiuso in me e ti apre l’anima.
Ci sono palle e getti di fuoco in
mezzo a schizzi e fontane d’acqua illuminata di rosa di verde di giallo di
azzurro, e scintille che si aprono come grandi fiori nella notte – e scendono
ad avvolgere le nostre teste con i nasi puntati all’insù.
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