La Babele biblica [22/11/2010]

Allora, avevo tutti questi libri fra il divano del soggiorno e una mensola della libreria – sommersi, questi ultimi, da carte ancora da mettere in ordine, tra cui il contratto d’affitto una multa e la bolletta dell’Enel.
Ora ho messo un po’ d’ordine fra i libri della libreria, ho riordinato i libri di latino di storia di greco e di arte. Le carte ancora no.
Poi ho preso tutti i libri che ho ancora da leggere e adesso stanno in una pila accanto a me, in attesa di essere trasferiti di nuovo come una torre di Babele sul comodino.
In cima c’è Attraverso lo specchio perché l’ho lasciato in sospeso che lo avevo quasi finito e subito l’ho mollato per riprendere L’arte della gioia, il quale adesso giace sul comodino in attesa di essere ripreso di nuovo perché anche quello è stato momentaneamente tralasciato per cominciare il libro sulla telepatia.
Subito sotto Attraverso lo specchio c’è Donne che corrono coi lupi, cominciato una cosa come sei anni fa e mollato di volta in volta per i nuovi arrivati. Anche lì sono arrivata all’ultimo capitolo ma la povera Clarissa Pinkola Estés, l’autrice, dovrà aspettare che io sia di nuovo in vena di fiabe per essere ripresa.
Oppure potrei completare tutto questo, visto che è stato cominciato e quasi finito, prima di passare ad altro.
Perché certo, nel frattempo altri libri da leggere ne ho. C’è La certosa di Parma di Stendhal, ci sono i racconti di Hoffmann da rileggere, il Machbet iniziato un mese e rotti fa in inglese, la rilettura di Joyce con Gente di Dublino, Marquez che è quasi a metà e anche lui è stato tradito per chissà chi, poi Sepùlveda con Lerose di Atacama, e due romanzi della Allende, cioè Inès dell’anima mia e La somma dei giorni.
E poi mi hanno prestato La bambinache amava Tom Gordon, di Stephen King, ma non so se riesco a reggerlo, e Ilsenso di Smilla per la neve, ma non mi ispira.
Infine, ho comprato anche Io e te di Ammaniti e Undici minuti di Coelho. Il quale ultimo non mi è mai piaciuto, per il suo stile così commercialmente ispirato e la carenza di linfa vitale: chissà perché l’ho comprato.

Una volta, tanto tempo fa, qualcuno mi diceva tu hai gli occhi più grandi dello stomaco.
Ora lo stomaco c’entra poco ma il senso è lo stesso.
Così una volta un libro se lo incominciavo lo bevevo d’un fiato fino in fondo. Con la matita in mano per viverlo meglio, bimba mia.
Ora non sempre. Mollo prima. Cedo le armi. Passo ad altro. Però poi di solito ci ritorno con calma.
E hai ragione, Pennac, che è diritto del lettore non completare la lettura di un libro se non ti prende, e va bene per Cent’anni di solitudine e per un paio d’altri.
La questione sorge quando poi invece sono troppi i libri che ti prendono: tanto che li tradisci tutti, ciascuno per un altro.
Ma pochissimi li leggi fino in fondo.

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